Se prima della pandemia già in molti avevano investito sul’e-commerce, con la quarantena e i dubbi legati alle riaperture e a tutte le misure per la sicurezza – distanziamento, sanificazione, mascherine, ecc – molte aziende si sono accorte che è il momento di dare nuovi sbocchi al proprio business.
L’emergenza Covid-19 ha evidenziato l’importanza del digitale per garantire la continuità operativa delle aziende anche in situazioni straordinarie come quella che stiamo vivendo. È emerso con una certa prepotenza, anche, il divario fra le organizzazioni già strutturate con processi digitali, che hanno facilmente creato le condizioni per il lavoro da remoto, e le realtà indietro nel percorso di digitalizzazione, che durante la crisi hanno incontrato più difficoltà.
Le aziende che hanno risposto meglio si sono distinte non solo per la presenza di un e-commerce ben strutturato, ma, soprattutto, in base all’esperienza che hanno saputo offrire ai clienti, coinvolgendo anche tutta l’organizzazione dal back-office, produzione, supply chain, ecc., fino al front-office, con le funzioni di marketing, vendite, servizi di commerce ed assistenza clienti.
Secondo i dati diffusi da Netcomm in Italia sono triplicati le persone che nel giro di pochi mesi hanno acquistato online. Dai 700 mila del 2019 si è arrivati a oltre 2 milioni, 1.3 milioni dei quali sono da attribuire all’impatto dell’emergenza sanitaria.
Già prima del coronavirus il mondo del commercio e dei servi era in transizione verso l’e-commerce generalizzato, l’emergenza ha accelerato tutto, la presenza online e la capacità di vendita e assistenza digitale del cliente diventa la nuova norma. Sempre secondo Netcomm, il 75% degli acquirenti non aveva in precedenza acquistato sul web, l’ha fatto per la prima volta proprio durante l’isolamento in casa. Solo nella prima settimana i beni di largo consumo hanno registrato una crescita dell’81% nelle vendite online.
Non solo, sempre secondo la stessa ricerca, è l’e-commerce il settore che crescerà di più (fino al 55%) a livello mondiale come conseguenza del Covid-19, seguito da modern food retail (fino al 23%) e vendita all’ingrosso di prodotti farmaceutici (fino al 15%). Diversi settori, come quello del fashion & lifestyle, invece, sono stati colpiti più duramente di altri anche online, ma il 77% dei merchant che aveva un e-commerce attivo, ha dichiarato di aver acquisito nuovi clienti durante questa fase di emergenza.
Allora il negozio fisico è destinato a morire?
Non è realistico, piuttosto la selezione darwiniana colpirà le attività commerciali con preesistenti problemi. L’Italia ha avuto, finora, una struttura commerciale più estesa che in paesi economicamente comparabili con costi di gestione (affitto, personale, bollette) incompatibili con i fatturati e prezzi disallineati a quelli della grande distribuzione.
È quindi ragionevole pensare che assisteremo ad una crescente integrazione di retail fisico e virtuale, con il negozio che offre un supporto all’offerta online, diventa punto di ritiro o occasione per amplificare l’esperienza diretta del cliente. Gli analisti stimano che le aziende con una forte esperienza digitale saranno le più preparate alla recessione economica che ci aspetta nei prossimi mesi.
Conclusione
I precedenti investimenti in tecnologie digitali stanno, quindi, ripagando le aziende che da vere visionarie avevano avviato processi di trasformazione digitale “in tempi non sospetti” per adeguare le loro offerte e servizi alle reali necessità dei clienti, puntando sull’e-commerce e tutti i servizi digitali che vi gravitano attorno. Non possiamo essere sicuri di come saranno in negozi fisici in futuro, ma possiamo prevedere che il canale online, desktop o mobile, continuerà sempre di più ad essere il centro dell’esperienza utente nelle vendite al dettaglio.
Siamo ancora convinti che investire nel digitale sia inutile?