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Integrare sistemi complessi: a quale scopo?

By 21 Aprile 2022No Comments
Tempo di lettura
3 minuti
Integrare sistemi complessi

In questa intervista ti diciamo perché integrare sistemi complessi nell’ambito di un ecommerce.

Nella vita di un’azienda, così come in quella delle persone, si cresce, ci si espande e si accumulano tecnologia e conoscenza.
La semplificazione dei sistemi, per molti, è un effort costante, e c’è da dire che semplificare non è facile. In molti casi, l’innovazione ci obbliga a integrare sistemi complessi da lasciare dove e come sono per via del loro ruolo cardine. Questo non vuol dire rinunciare alla possibilità di farli lavorare insieme per semplificare il business.

Detto ciò, in questi giorni abbiamo ipotizzato uno scenario per meglio capire perché integrare sistemi complessi negli ecommerce. Dopodiché, lo abbiamo discusso con Raffaella Aleotti e Matteo Coeli, rispettivamente Team Leader e Business Development Manager di SMC Consulting.

Domande e risposte: le ragioni secondo cui integrare sistemi complessi negli ecommerce.

Immaginiamo di essere il CTO di un’azienda di inizio anni Novanta che fatturi tra i 15 e i 60 milioni di euro, settore macchine industriali. Nel tempo, sistemi implementati in un periodo antecedente, a volte nati custom o altamente verticalizzati, sono divenuti soluzioni proposte da più fornitori. Nel loro comparto tecnologico, molte aziende hanno accumulato un software datato. Il suo aggiornamento comporterebbe uno sforzo notevole per l’azienda, che mal si adatterebbe ai processi dell’impresa, aspetto vitale per il business.
Esiste una soluzione che possa integrare un ERP altamente customizzato (anch’esso risalente ai primi anni Novanta) con una soluzione e-commerce B2B senza passare da un rip-and-replace?

Risponde Raffaella: “Tutto dipende dalla possibilità di realizzare degli esportatori o dei connettori verso i framework di import/export delle diverse soluzioni di mercato. Ormai, tutte le soluzioni ecommerce mettono a disposizione interfacce per lo scambio dei dati. Questo vale per le più tradizionali, realizzate con scambio di file, alle più recenti API REST”.

Provenendo da soluzioni composte da tecnologie ibride, tutte in produzione, quanto tempo (in ottica effort) è necessario impiegare per connettere soluzioni CRM, ERP e PIM a un e-commerce performante?

“Anche questo punto è strettamente collegato a quante interfacce di scambio dati debbano essere realizzate e dal tempo continuativo da dedicare ai test”, dice Raffaella. “Diciamo che una stima media è sui 15 giorni”.

Un e-commerce, destinato a diventare la chiave di volta di un modello omnicanale, quanto impiega a essere in produzione contando l’integrazione con sistemi preesistenti?

Raffaella torna a rispondere: “Il tempo necessario per il go-live è collegato al numero di sistemi da integrare, ma non solo. È anche in relazione con la complessità di ognuno e da quanto questi si possano integrare con i connettori standard messi a disposizione dalla piattaforma ecommerce. Più si riesce a rimanere aderenti allo standard, meno sarà il tempo necessario per il passaggio in produzione”.

L’azienda si sta espandendo all’estero e tenta di superare i confini sfruttando il digitale. Ha ancora uno stack fortemente centralizzato e on-premises. Quali sarebbero i migliori strumenti e percorsi per approcciarsi al composable commerce senza dover rivedere lo stack tecnologico? Sarebbe possibile integrare soluzioni come ERP, CRM e PIM, anche molto datate, con soluzioni ecommerce di nuova generazione?

“Il miglior approccio consiste nell’utilizzare canali di vendita già esistenti”, risponde Matteo. “In tutto il mondo esistono marketplace con buon traffico e numero di clienti, alcuni di questi estremamente verticali e votati al B2B. Di conseguenza, i costi di vendita saranno misurabili e i dati ricavati permetteranno di disegnare le offerte migliori. La maggior parte delle piattaforme di digital commerce dispone di API con cui ricevere e inviare dati in moltissimi modi, condividendoli con altri canali e piattaforme. Con questo approccio è possibile spostare le logiche e i dati necessari al di fuori dallo stack esistente. Ad esempio, in ambienti cloud evoluti, riducendo gli impatti e i costi”.

Oggi tracciamo manualmente le movimentazioni di magazzino di tutte le spare. Il nostro ciclo di approvvigionamento è regolare, ma soggetto ai tempi di logistica. In parallelo, esso è generato dall’acquisto di usato e recupero da mezzi dismessi gestiti manualmente dal nostro ERP e SRM (custom). Essendo una parte rilevante del nostro business per la rarità delle parti, vorremmo evidenziare l’aspetto vendita e quello acquisto creando una sorta di marketplace. Quale sistema e approccio farebbe al caso nostro?

“La scelta del modello marketplace per la gestione delle parti di ricambio ha sicuramente grossi vantaggi”, dice Matteo. “Soprattutto se unito a un PIM pensato specificamente per questo scopo. Grazie alla piattaforma ecommerce, si può creare un vero e proprio customer portal. Gli acquirenti possono acquistare in autonomia i ricambi corretti e a costi vantaggiosi. Ciò grazie all’interazione dei vendor/rivenditori sulla piattaforma che genera una naturale e sana concorrenza. Per i produttori i vantaggi sono altrettanto evidenti. Ad esempio, hanno una maggiore disponibilità di ricambi e un controllo del mercato e dei dati di consumo, ma non solo. Hanno anche una diminuzione dei costi di vendita e di stoccaggio, un servizio clienti più efficiente e una maggiore fidelizzazione dei fornitori/rivenditori”.