
Lo stress da burnout dice parecchio della gestione aziendale.
Lo stress da burnout affligge moltissime persone, in Italia come nel resto del mondo, costituendo una serissima minaccia per la loro salute psicofisica. L’Oms l’ha perfino riconosciuto come una sindrome.
Tra i sintomi più comuni troviamo la scarsa autostima, la sensazione di intrappolamento, una minor motivazione, un’alta irritabilità e la tendenza a distaccarsi dal proprio lavoro. È come se ci si sentisse estranei alla dimensione a cui si appartiene.
È un problema, quello del burnout da lavoro, che dimostra chiaramente il fallimento della gestione dello stress del lavoro in azienda, svelandone i punti deboli.
Nel 2022, le realtà aziendali possono e devono prendere posizione in merito. In che modo? Stabilendo modalità operative umane, realmente capaci di andare incontro al benessere dei dipendenti e dei collaboratori.
Vogliamo parlare di stress da burnout prendendo come esempio SMC Consulting: quali misure abbiamo deciso di adottare, internamente, per tutelarci?
Parliamone con Silvia Mossuti, la nostra Marketing Manager.
Silvia, che si fa in SMC Consulting per combattere lo stress da burnout?
“Partiamo da un presupposto importante: in SMC consulting il benessere delle persone è in cima alla lista delle priorità. Lo smart working, gli orari flessibili e un rapporto diretto e trasparente con la classe dirigenziale sono la base della lotta allo stress da burnout. Il ricorso a una metodologia agile, inoltre, fa sì che il lavoro sia meglio distribuito e gli obiettivi raggiungibili. Una scelta, questa, che ci rende molto efficienti nel rispondere alle esigenze dei clienti e del mercato. Tutto in tempi ragionevolmente brevi, senza sovraccaricare nessuno e favorendo la soddisfazione personale”.
Che altro viene promosso per prevenire lo stress lavorativo?
“Ci sono sicuramente le occasioni di svago organizzate dall’azienda. Siamo molto golosi, così ogni scusa è buona per festeggiare un compleanno o un risultato raggiunto in compagnia di torte e pasticcini. Tutti insieme, ovviamente. Questi momenti possono sembrare futili, ma servono alla socializzazione e al consolidamento della squadra. Sono istanti privi di gerarchia.”
Per alcune persone le soft skills sono innate, per altre no: può esserci un collegamento tra il loro sviluppo e il burnout?
“Alcune sono senza dubbio importanti per evitare l’incombere dello stress da burnout. L’azienda, dal canto suo, può intervenire favorendone lo sviluppo. Ad esempio, può organizzare momenti di aggregazione aziendale. Una torta preparata da qualcuno del team o qualche dolce portato dalla collega di rientro dalla Sicilia possono migliorare le capacità relazionali e comunicative. Sono momenti in cui confrontarsi e comunicare in modo informale. Altra cosa utile può essere stabilire una routine di lavoro funzionale fissando riunioni giornaliere. Oltre a verificare l’avanzamento dei lavori, può migliorare la capacità comunicativa con i clienti e contribuire a organizzare meglio il lavoro, quindi la gestione delle scadenze.”
Condizioni lavorative disagianti e task mal gestiti favoriscono lo stress, aspetti che incidono sulla buona riuscita di un progetto e sulla quotidianità. A questo proposito, negli ultimi anni, registri un trend positivo o negativo? Come sta evolvendo la vita lavorativa delle persone?
“Credo che le condizioni lavorative, almeno in certi settori, siano tendenzialmente migliorate. La gestione dei progetti coinvolge sempre più realtà e forse, oggi, grazie al supporto della tecnologia, è più facile coordinare il lavoro minimizzando gli errori. L’utilizzo di piattaforme di videoconferenza o le semplici email lo rendono sempre più globale e complesso. Questo presuppone una maggior capacità comunicativa, più empatia e chiarezza, una rapida attitudine al problem solving e alla flessibilità. Tutte capacità non innate, ma sviluppabili con un po’ di esperienza e voglia di crescere.
Negli ultimi anni, il Coronavirus ha costretto molte realtà abituate a lavorare in presenza a confrontarsi con lo smart working, con risultati via via migliori. Gestire un team di lavoro da remoto non è semplice, il linguaggio comunicativo cambia, e mi rendo conto che nei settori creativi non eguagli la presenza fisica. Di certo, questa esperienza ha cambiato il modo di lavorare di tutti, creandone uno nuovo, talvolta migliore del precedente. Ha reso più facile conciliare esigenze lavorative e familiari, minimizzando lo stress derivante dalla sensazione di non riuscire mai a fare tutto o di essere poco presenti.”
Insegnanti, medici, infermieri, operatori sanitari, assistenti sociali, autotrasportatori, poliziotti: tra i lavoratori a maggior rischio di esaurimento sul lavoro ci sono persone impegnate in questo tipo di professioni. Come ritieni se la stia cavando il settore digitale?
“In linea generale, il digitale ha migliorato le nostre vite tanto in ambito personale quanto in quello lavorativo, semplificando le modalità di lavoro e originando nuove figure professionali. Tuttavia, per alcuni, questo si è tradotto in una sovraesposizione e in una completa disconnessione dalla realtà. Due aspetti da non sottovalutare, ma da tenere sotto controllo. Il settore digitale è quello più a rischio, da questo punto di vista: lavorare sempre davanti a uno schermo rende meno avvezzi alle relazioni fisiche. Un piccolo esempio: ci sono persone, specie tra i Millennials e anche più giovani, che faticano a chiamare un ristorante per prenotare un tavolo, preferendo utilizzare un’app. Se il ristorante non permette la prenotazione online, ne cercano un altro. Sembra assurdo, ma è realtà!
Il digitale ci fa comunicare costantemente con i colleghi e seguire la concorrenza, permettendoci di trarne ispirazione, ma il processo creativo e quello motivazionale credo debbano passare per l’interazione personale. È dal contatto con le persone che possiamo trarre il meglio per noi e per il nostro lavoro.”
Silvia, come previeni lo stress da burnout? Hai qualche suggerimento utile?
“Non penso esista una ricetta universale per evitare lo stress da burnout, ognuno deve trovare la propria. Serve individuare quel mix che aiuti a distaccarsi dal lavoro e a riconnettersi col mondo reale. Una cosa che ho imparato in questi anni è staccare, cosa non sempre facile in una realtà aperta 7 giorni su 7 e 24 ore su 24. Per fortuna, so di poter contare sulla famiglia e su mio marito, due grandi aiuti sotto ogni punto di vista. Checché se ne dica, perfino fare la spesa al supermercato è un’occasione per disconnettermi e rilassarmi. Se riesco anche a concedermi una bella camminata all’aria aperta, allora il gioco è fatto. Sono momenti di pura quotidianità che, su di me, hanno un grande effetto.”
Dipende tutto da noi (e dalla serietà dell’azienda in cui si lavora).
Insomma, quanto a stress da burnout può essere fatto moltissimo. Ci sono attività e buone pratiche che spettano ai singoli individui, altre al team di cui fanno parte.
La gestione aziendale del lavoro è encomiabile qualora rispecchi i bisogni e le capacità dei singoli individui. Anche perché, riflettiamoci un momento: a che serve mettere le persone nelle condizioni di dare il peggio di sé? Possiamo pensare che sia utile alla buona riuscita di un business, che di suo ha un estremo bisogno di energia e motivazione?
Ognuno tragga le proprie conclusioni. In SMC Consulting le idee sono chiarissime: le persone al primo posto, sempre e comunque.
Se vuoi saperne di più, mettiti in contatto con noi!